Chirurgia per Otosclerosi: torna a sentire bene | Audiovita

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L’otosclerosi è una malattia distrofica non infiammatoria dell’orecchio medio. È una patologia di origine ereditaria, che provoca la perdita progressiva dell’udito (ipoacusia) con il passare del tempo. Le difficoltà a sentire bene possono raggiungere un livello tale per cui la condizione diventa seriamente invalidante, e nemmeno le protesi uditive possono sopperire al deficit sensoriale.

In questo caso può essere consigliato l’intervento di otosclerosi di carattere chirurgico, per andare ad impiantare una piccolissima protesi acustica direttamente nell’orecchio. Vediamo insieme in cosa consiste questo tipo di operazione, per capire anche quando sia giunto il momento di accogliere l’invito del medico a farla. Urge ricordare che la valutazione di uno specialista è essenziale.

Come riusciamo a sentire

Prima di passare ai dettagli dell’intervento di otosclerosi, apriamo una parentesi sul funzionamento del nostro orecchio. Ci aiuterà ad inquadrare meglio la situazione. I rumori generano delle vibrazioni, che entrano dentro all’orecchio esterno e percorrono il condotto uditivo fino alla membrana timpanica (più comunemente detta “timpano”). Le vibrazioni generate dal movimento della membrana proseguono verso tre ossa veramente molto piccole situate nell’orecchio medio, denominate incudine, martello e staffa.

Quegli ossicini amplificano le onde sonore e le inviano alla coclea, che è una struttura a forma di chiocciola all’interno dell’orecchio interno, la quale contiene un liquido. La parte superiore e quella inferiore della coclea sono separate da una membrana elastica “basilare”, che funge da base di appoggio per le principali strutture uditive.

Le vibrazioni sonore che raggiungono la coclea sollecitano il movimento del fluido che si trova al suo interno, facendo partire un’onda che si muove lungo la membrana basilare e trasporta le cellule ciliate fino ad una membrana sovrastante. L’urto innesca un travaso di sostanze chimiche che danno vita al segnale elettrico che verrà interpretato dal cervello come un suono riconoscibile.

Effetti dell’Otosclerosi

L’orecchio interno (organo dell’udito e dell’equilibrio) è circondato dall’osso più resistente del corpo, noto con il nome di “capsula otica”. È un guscio cartilagineo che protegge il labirinto auricolare. Nelle persone affette da otosclerosi, una parte di questo osso inizia a crescere e cicatrizzarsi ad una velocità che varia da un soggetto all’altro, ma comunque è più rapida del processo degenerativo naturale.

Nelle prime fasi della malattia il tessuto osseo cicatriziale è più morbido, e diventa via via più duro con il progredire di questa condizione. L’abbondanza di questo tessuto anomalo impedisce il corretto movimento della staffa: questo riduce la sua capacità di creare vibrazioni sonore all’interno dell’orecchio, causando la perdita dell’udito (ipoacusia).

Come curare l’Otosclerosi

Per ora non esiste una terapia farmacologica risolutiva. In alcune persone l’assunzione di fluoro rallenta il peggioramento dei sintomi, ma non c’è ancora un rimedio per ottenere la regressione della condizione.

Finché il deficit della capacità uditiva non è troppo limitante, la persona può usare gli apparecchi acustici per amplificare i suoni e sentire bene. Poiché di solito la malattia intacca la capacità di far viaggiare il suono dentro l’orecchio per un impedimento meccanico, l’orecchio interno può ancora codificare le vibrazioni sonore generate dalla protesi. L’unica alternativa è la chirurgia.

Come funziona l’intervento per Otosclerosi

Con questo intervento chirurgico, denominato tecnicamente “stapedotomia”, il medico introduce gli attrezzi operatori dall’orecchio esterno e prosegue lungo il condotto uditivo, fino a raggiungere la membrana timpanica. Una volta lì, procede con il sollevamento del timpano per effettuare un piccolo foro nella parte inferiore dell’osso della staffa. La procedura ha lo scopo di “bypassare” la parte fissa di quell’ossicino dell’orecchio medio per sostituirla con un nuovo osso protesico mobile.

Con l’attuale approccio operatorio più comunemente adottato, tutto o parte dell’osso della staffa viene rimosso con un laser o un micro trapano. Un minuscolo “pistone” viene quindi posizionato tra il secondo osso dell’udito (l’incudine) e l’orecchio interno.

In qualche caso è necessario prelevare dall’orecchio esterno un po’ di tessuto aggiuntivo, per aiutare a sigillare l’apertura nell’orecchio interno. Ad ogni modo, le moderne strumentazioni chirurgiche consentono di effettuare un intervento per otosclerosi senza incisioni, grazie all’uso di microscopio ed endoscopio. In questo modo è possibile realizzare tutto questo in circa 30 minuti, sotto anestesia generale o anche locale. Di solito la degenza in ospedale dura un paio di giorni, salvo complicanze.

Precauzioni post-operatorie

Bisogna tenere a mente che si tratta comunque di un atto chirurgico, per il quale ci sono rischi inevitabili, ed è cruciale affidarsi a professionisti esperti.

Dopo essersi sottoposti alla procedura è assolutamente indispensabile:

  • Riposare a domicilio per almeno un mese: ogni sforzo altera la pressione interna dell’orecchio, mettendo in pericolo la buona riuscita dell’intervento;
  • Non bagnare l’orecchio;
  • Starnutire a bocca aperta;
  • Soffiarsi il naso con cautela;
  • Non fare immersioni né viaggiare in aereo: le fasi di decompressione non sono sopportabili nei 3–4 mesi successivi;
  • Non assumere la pillola anticoncezionale.

Subito dopo l’intervento chirurgico per otosclerosi il paziente proverà dolore. Potrà avvertire dei fastidi all’orecchio e percepire delle pulsazioni: è un possibile effetto collaterale abbastanza frequente, che solitamente svanisce con il passare del tempo e il riassorbimento di alcune spugnette interne.

Nella quasi totalità dei casi la persona è in grado di tornare a sentire bene come prima dell’insorgenza della malattia, ma potrebbe non essere una cosa immediata. È possibile che si debba aspettare anche un paio di mesi prima di apprezzare i benefici dell’operazione.

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